Pagina:Albertazzi - Novelle umoristiche.djvu/298

284 in arcadia


E il vecchio disse:

— La mannaia a me!

Discese lui nella fossa: cominciò a colpire; mentre i figli ai capi della corda, lontano, tiravano, squassavano.

Cupi, ritmici, precisi e fondi su l’estrema radice di quella vita gigantesca cadevano i colpi del fiero vecchio. Quando il taglio fu innanzi, Carlone risalì, venne lui pure alla corda. Ma l’albero non voleva cedere; invano s’incitavano l’un l’altro.

— D’un colpo! — comandò il vecchio, dando un grido per avviso allo sforzo concorde....

Cedeva.... S’udì uno schianto di legno che sia troncato: poi, subito dopo, uno schianto molteplice, diverso, confuso e pieno di tutte le vette, di tutti i rami, di tutte le fronde che toccarono la terra madre; e parve che l’immensa pianta si sfasciasse tutta quanta, cadendo.

Allora Carlone senza dir nulla, col grande fazzoletto rosso s’asciugò, tra il sudore, due lagrime.

III.

Il dispiacere di Carlone amareggiò anche il curato. Era questi un buon prete, superstizioso e religioso a un tempo; un po’ asprigno e cocciuto anche lui, un po’ interessato, un po’ gobbo, un po’ sporco, perchè tabaccando non spazzava