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in arcadia | 283 |
come serpi, con qualcuna delle vecchie nera e marcita.... E poi un’altra, rubesta.
Quindi il vecchio, che assisteva tuttavia in piedi, immobile, all’apparenza impassibile, ordinò al nipote di poggiare la scala e di salire a legar la corda da ramo a ramo, in giro, nell’alto. La faccenda fu lunga. Dopo di che, tornarono all’opera.
Uno chiese se venderebbero anche il ceppo; ma il padre non rispose. E di quelli che frattanto passarono per la strada, fu uno che attese e, ricambiato un saluto, disse:
— Farete di bei quattrini! Chi ne avesse un bosco!
Esclamò un altro:
— È campata abbastanza, eh, Carlone?
— Abbastanza! — rispose.
Ma a un terzo, ch’era un contadino dell’ingegnere, il vecchio disse:
— Potete andar di lungo, voi. Io non vengo a disturbarvi nei vostri interessi!
Quegli rispose:
— Avete ragione, avete; — e proseguì.
Dopo un’altra ora la buca era già così profonda che a ogni nuova radice recisa, tre degli uomini s’attaccavano alla corda e il quarto faceva forza contro il fusto per tentare se non rimaneva che il fittone. Indarno: non ancora il fusto sentiva la scossa. Finchè — e fu verso mezzodì — ebbero certezza che sola la radice maestra rimaneva.