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276 | in arcadia |
avi, governava tranquillamente e assolutamente come quello nella cui volontà e nelle cui tasche trovavano regola ed equilibrio le spese della casa e le rendite della terra coltivata da tutta la famiglia. Egli vigilava ai lavori; parlava poco con i figlioli; era aspro con le donne, complimentoso col curato, loquace con gli amici, terribile con i ragazzi e buono con i bambini che, seduto nella panca sotto il moro, elevava qualche volta a cavallo d’un ginocchio per cantarellare trotta trotta, cavallon, e farli ridere.
Saldo nelle antiche costumanze, fra le altre usava sedere a capo di tavola con gli uomini attorno e in fondo i ragazzi già pervenuti alla prima comunione: i minori mangiavano dopo con le donne. E per la rigida osservanza al vivere antico, e per la sua religione e per l’esperienza dei consigli, il vecchio godeva nella parrocchia d’una supremazia che gli aveva meritata rinomanza pure nei dintorni.
Quand’egli si assentava — ma di rado e solo per la fiera al paese o per qualche grossa vendita in città — la Cà scura si commoveva in un avvenimento quasi di liberazione; e degli uomini, chi scappava all’osteria, chi dall’amorosa; mentre i ragazzi correvano a vuotar borri nel rio Rosso, liticavano e si picchiavano; e le nuore sfogavano le ire e le gelosie per lungo tempo contenute; sicchè il tiranno, che partendo era stato salutato da sospiri di sollievo, tornava non solo temuto come giudice, ma de-