Pagina:Albertazzi - Novelle umoristiche.djvu/29


il suicidio del maestro bonarca 15

la seconda voce ignota, del carabiniere. Allora Bonarca fu certo di chi discorrevano.

Rosta aggiunse: — Sfido! Non ne aveva nemmeno da pagare i debiti di gioco. A me, mi doveva le ultime tre partite che gli ho vinte a biliardo.

Ah cane! ah vigliacco! Che voluttà arrivargli addosso con un paio di schiaffi da rovesciarlo e dirgli: — Eccoti la paga delle tre partite, questurino mentitore! — Invece, no, non poteva muoversi; doveva restar lì rannicchiato nella paglia! «Mentitore infame!» Una delle partite, ne aveva vinta: una sola! per caso! «T’insegnerei io a calunniare i morti!»

Di nuovo l’amico s’interruppe a chiedere:

— Niente?

Silenzio. Quando risposero, ripeterono:

— Niente!

Il delegato ripigliava:

— In fondo, però, era un buon diavolo. Ebbe il torto di dar retta ai giornalisti, che per quattro pezzi rubati qua e là e cuciti insieme alla meglio, gli avevano fatto credere che diventerebbe un Mascagni!

Gridarono: — Non c’è!

Non ci poteva essere: Bonarca già si era ricordato che al mulino del canal Torbo si pescavano i cadaveri degli annegati. Coloro che gridavano non c’è erano senza dubbio i suoi becchini.

— Cercate ancora! Cercate!