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mese, e del quale non si fa denuncia poichè quasi sempre si sa da tutti in che pentole quelle due o tre galline andarono a finire. Nè i costumi vi sono corrotti come nei paesi dove le mamme fan la guardia alle figliole fidanzate. Notevole soltanto, a questo proposito, è l’innocente manìa per cui dopo sette, o otto, o talvolta nove mesi di matrimonio, i padri cercano nel lunario e propongono alla moglie puerpera i nomi più strambi e difficili, da storpiare barbaramente sul neonato o sulla neonata che vanno a battezzare.

I.

Nella felice terra di Rioronco viveva ancora, pochi anni sono, un patriarca: un alto e forte vecchio dai capelli bianchi, dalla faccia tutta sbarbata, dall’occhio vivo, dal naso aguzzo. Senza far ridere alcuno portava le brache corte, con le calze al ginocchio d’estate e con le ghette d’inverno; e in famiglia poteva contare con la moglie, vecchia meno di lui ma già imbecillita, tre figli, tre nuore, un genero, una quindicina di nipoti, il più grande dei quali, per riparare in qualche modo all’assenza di due cugini soldati, aveva preso moglie anche lui, rendendo bisnonno il vecchio Carlone.

Carlon dei Carli alla Cà scura, la casa de’ suoi