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266 il falcone

amori? Che cosa mi hai chiesto? Che cosa l’ho risposto? Vattene, vattene! Oh come godrà il sire quando glielo dirò! Vattene!

Stordito, con gli occhi spalancati e disperati, Ugo non si mosse. Nel tumulto dei pensieri, ebbe forza di cercare la suprema invocazione alla pietà della dama, l’affermazione estrema del suo amore e una minaccia quasi di vendetta all’acerbità di lei; e disse: — Voi mi sgridate così, e la colpa è vostra. Perchè non mi ammazzate piuttosto? Meglio morire!... In fe’ di Dio, io non mangerò più finchè non mi avrete accontentato! — E con un’angoscia che pareva lo strozzasse, uscì di là.

Madonna Ginevra rise forte e pensò: «Oh che gli è venuto in mente a quel ragazzo?»; poi, nello spogliarsi, guardandosi, rise e ripetè: «Cosa gli è venuta in mente?»; infine, si distese sotto le lenzuola e, come il marito era lontano, s’addormentò senz’altro pensiero, col riso su le labbra.

Ugo invece, che se avesse pianto avrebbe sfogato tosto il suo rovello, per non piangere si dimenò a lungo nel letto e non riuscì a chiudere occhio prima d’essersi convinto che la prova che si era imposta era degna d’un cavaliere innamorato, se era prova che davvero gli metteva in pericolo la vita. Ma al risvegliarsi, la mattina, ebbe fatica, quasi pena a riandare il fatto della sera innanzi; capì d’aver commessa un’imprudenza; credè fino d’aver commesso un