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il falcone 263

gloria delle loro dame, e invidiando a sè stesso i pochi anni che gli mancavano alla piena giovinezza, s’imaginava vincitore di tornei in cui madonna Ginevra l’assisteva sorridendo, o difensore e salvatore di madonna in un notturno assalto di nemici.

Per altro, quell’ardore e il compiacimento di quell’ardore patirono presto il freddo dell’ignara noncuranza della dama, la quale aveva due grand’occhi solo per vedere, non per osservare; e poichè egli non fallava più, tal cura e tal forza metteva nel servirla, essa non aveva neppur più ragione d’immergergli le dita tra i capelli.

Fino a quando essa avrebbe dunque ignorate le sue pene?

E col volgere dei mesi l’affetto di Ugo s’andò come condensando in modo più virile; onde la sua fantasia, cedevole ai richiami e agli impeti dei sensi riscaldati dal primo e precoce calore della giovinezza, l’abituava a desiderare nella bella donna le delizie corporali e le gioie della colpa. A poco a poco egli perdette, così, la baldanza, il coraggio, la fede del suo amore; e il timore lo prese che il sire ne scoprisse il segreto e l’intenzione.

Passarono mesi; passò un anno. Ma quanto più gli diminuiva la speranza, tanto più cresceva in lui la bramosia di essere soddisfatto.

Madonna Ginevra era sempre bella e fresca: rosa fresca in tutta la sua bella fioritura. Come spesso, dopo la cena, Ugo sorprendeva afflitto