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258 | l'agnello |
aveva potuto sul suo cuore quella prima vista della signorina Irma nell’attitudine compassionevole. La bellezza è caduca; non la bontà, se spontanea; non la gentilezza, se sincera e nativa. Essere amato da tale donna forse non sarebbe stato consolazione ad ogni travaglio, ad ogni dolore, ad ogni fatica, a tutti i danni della vita? A tutti, forse no; per la fatalità del dolore umano; ma a molti sì. E ahi! Riccardo Biscaglia, per quell’eterno conflitto che alimentava in sè stesso, vivrebbe e morirebbe scapolo. Infatti quell’angelo che era la signorina Irma non poteva essere che troppo povera. Ma egli l’amava. Ma egli aveva l’obbligo di una visita alle signore che avevano accolto il suo dono.
Deliberò di adempiere a questo dovere, e solo per accertarsi e mantenere con maggior forza il cervello a posto, chiese a quel tale collega: — Le Crocchi non han mezzi, eh?
— Han qualche cosa.
Oh! Nè povera nè ricca! Era l’ideale nella realtà!
Ma ci fu dunque il sole
Su questa terra un dì?
Fu il raggio che infrange il nuvolo; fu il faro nelle tenebre tempestose. Diveniva possibile la conciliazione dell’idea col sentimento; dell’amore col senno, della poesia con la prosa! Irma possedeva un cuore — tanto cuore! — e possedeva qualche cosa più di quanto costi una capanna a comperarla in due, o a prenderla in