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248 l'entusiasta punito

l’a....dulterio! Ah quando le malattie non isciupassero troppo presto in Teresa il formoso corpo per cui Dònnola era assorto a gustarne l’anima, a poco a poco, senz’accorgersene, egli assisterebbe all’opera distruggitrice, lenta e assidua, degli anni: scolorate, anzi, le belle forme; pacati i sensi; sfiorita la giovinezza, più libera risplenderebbe l’intima virtù che agli occhi almeno del suo Carlo renderebbe Teresa giovanilmente amabile sino alla vecchiaia.

Ebbene, quest’uomo io lo rividi non un anno dopo il matrimonio e non lo riconobbi subito.

— Che hai? Cos’hai fatto, Carlo?

Portava abiti alla moda, ma con l’abbandono di un lion che ritorni verde da una bisca; avrei potuto scommettere che quel giorno non s’era mutato, lui!, di camicia; e i baffi, erti una volta ad arco, gli spiovevano simili ai baffi di un cinese.

Rispose:

— Mah!... — E alzò il capo in una vana scossa dal peso enorme che l’abbatteva.

— Tua moglie.... è ammalata?

— No no. — Disse «no no» a mezza voce, triste, negando insieme e non negando. Sembrava più confermare che negare.

— Forse — io insistetti per pietà, mentre già sorridevo per conforto — forse è incinta?

— No no. — Negava e non negava. E m’attristai anch’io credendo d’indovinare, finalmente.

— Un.... aborto?