Pagina:Albertazzi - Novelle umoristiche.djvu/253


come finì la modestia 239

cesso oggi, per questi campi, quest’ora del mio desto riposo.

Odi tu la sua voce che mi saluta?

Modestia: — Non sento niente.

Réclame: — Tu non puoi sentirla. I tuoi sensi non sono usi a incontrare il mistero e a rabbrividirne. Il fatto è che la Natura, essendo poesia, ha bisogno del mio soccorso, perchè ha bisogno dei poeti suoi interpreti, che sono miei schiavi.

Modestia: — E i prosatori?

Réclame: — La poesia si fa anche in prosa, scioccherella!, quando la prosa si mette in versi e nelle porcherie i sensi diventano strumenti d’infinita virtù..., atti a penetrare i misteri più reconditi, a scoprire i segreti più reconditi. Ma tu non puoi comprendere.... Piuttosto, dimmi: Perchè gli scrittori scrivono?

Modestia: — Per conforto all’amore e alla sventura.

Réclame: — Rispondi bene, o torno a leggere!... «Colui il quale molto ha sofferto è men sapiente di colui il quale molto ha goduto....»

Modestia: — Basta, basta.... Dirò che scrivono per guadagnare.

Réclame: — In Italia? Nemmeno gli agenti delle tasse dan valore ai libri!

Modestia: — Non so, allora....

Réclame: — Non mentire!

Modestia: — Dirò che scrivono per la gloria....

Réclame: — Bene!... Ma oggi chi crede più