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come finì la modestia 235


Modestia: — Mi lasci andare! Per carità, mi lasci andare!

Réclame: — Non mi fuggirai.... Non hai forza, povera diavola! Guarda: invece che odiarti mi fai compassione!

Modestia: — Dunque mi lasci.... La prego! La scongiuro!... Che cosa vuole da me, Maestà?...

Réclame: — Aiutarti, distoglierti dal tuo insano proposito. Hai visto coloro che viaggiano meco?

Modestia: — Maestà, sì.

Réclame: — Bene: tra i miei musici cantano critici e giornalisti; i miei fedeli, che hai veduti, sono letterati e artisti che all’annuncio del mio arrivo son corsi a me dai loro eremi, ove attendevano a opere luminose in una superba meditazione di conquista.

Modestia: — E se tornano qua ora? se mi vedono?... Mi lasci andare!...

Réclame: — No: non ti ravviseranno. Del resto, io li conosco per bravi ragazzi che non farebbero male a una mosca, sebbene talvolta nei loro grandi disdegni invochino il dio Terremoto. In altri tempi avrebbero forse conquistato un arcipelago: adesso, non sono che scrittori, i quali, come uomini d’intelligenza, vanno verso la Vita.

Modestia: — Ah sì?... A far che cosa?

Réclame: — Tante belle cose; fra cui l’atto di Vita coronante il rito misterioso come l’Or-