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232 | come finì la modestia |
La donna umile: — Scusi, signora, se l’ho disturbata.... Uno spino mi ha punto un piede....
La donna sovrana: — Perchè cammini scalza? Vieni qui. Chi sei?
La donna umile: — Un’infelice; una povera creatura.
La donna sovrana: — Vedo. Le tue vesti non le comprasti certo nei magazzini del Louvre; e la tua faccia par quella del mio amico Succi. Che naso! Oh che naso!
La donna umile: — Me l’han tirato in tanti, signora; ho provate tante delusioni; ho patiti tanti disinganni!
La donna sovrana: — Accostati; senza ritirarti in te stessa, vergognosa! Come ti chiami?
La donna umile: — Modestia.
La donna sovrana: — Modestia? La nipote di madama Virtù, che presa per un’aristocratica fu fatta ghigliottinare da Robespierre? La figlia della Semplicità e del Buoncostume? la sorella dell’Onestà?
Modestia: — Sì, signora....
La donna sovrana: — Bel caso! bell’incontro! Da un pezzo non ho riso così di gusto!
Modestia: — Scusi, signora: la conosce lei mia sorella Onestà? Per amor di Dio, mi dica se la conosce e se sa dov’è!... Non mi restava più altri della mia famiglia. I miei parenti mi hanno abbandonata!...
La donna sovrana: — Eh! Poco posso dirti. Molti e molti anni sono essa mi chiese aiuto;