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il polso 221

non potesse assumere a servirla senza scapito agli occhi del mondo; o amava chi attendeva, incurante o ignaro di lei, ad altra dama della quale ella fosse gelosa. E come ella avrebbe lasciato La Fratta nel dubbio, ed egli non voleva restarci, egli interrogava il mistero, scrutava, investigava. Ma invano: tal donna era l’Arnisio che davanti a niuna persona e in niuna circostanza perdeva il predominio di sè; nè mai, appuntando i suoi sospetti su questo o su quello che a lei fosse d’intorno, il conte riusciva a sorprenderle in volto ombra alcuna di rossore o di pallore, di smarrimento o di vergogna. Il mistero per La Fratta permaneva fitto, fosco, quasi spaventevole; e il suo caso diveniva pietoso e tendeva a diventare ridicolo.

Ond’eccolo a richiedere di consiglio l’abate Fantelli: un abate di umore giocondo e di mente arguta, caro a tutte le dame di cui conosceva le corde più sensibili al tocco delle sue allusioni e de’ suoi frizzi, nè men caro agli amici, cui giovava d’esperienza e di senno.

L’abate consigliò: — Tastale il polso.

Come La Fratta non comprendeva, quegli aggiunse:

— Nè i palpiti del cuore nè i battiti del polso si possono frenare. Allorchè ricorderai alla marchesa il tuo rivale sconosciuto, il suo cuore batterà più forte, e non potrai sentirlo, ma il suo polso batterà più in fretta e tu potrai sentirlo.