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218 il polso

aveva appreso a distinguere su le sue labbra rosate tutti i gradi di sprezzante pietà e d’ironia sottile che vi segnasse il sorriso; già comprendeva tutto quanto comandasse o esprimesse dalla sua abile mano il ventaglio irrequieto: anche, tra lui e lei, quand’ella aveva l’emicrania — ed era spesso — l’esperienza e la consuetudine avevano sancita una specie di prammatica ai modi e ai discorsi d’entrambi; e a lui toccava parlare di mille cose per divagarne il pensiero doloroso e pesante, e a lei bastava rispondere, a diritto o a rovescio, no, sempre no, o sì, sempre sì.

Questo ed altro il conte sapeva della marchesa; ma una cosa non sapeva: se ella avesse il cuore o non l’avesse. «L’ha o non l’ha?» egli si chiedeva ogni giorno, e addentrandosi ogni giorno più nella ricerca dell’ignoto n’era più avvinto dal fascino; cosicchè ogni giorno più s’innamorava della dama e di sè, che con sua gloria resisteva a servirla.

Finalmente l’Arnisio, agli scatti di stizza e alle bizze nel brio e alle arie annoiate alternando gli accordi e i riposi e gli assensi, cominciò ad accarezzarlo di certe occhiate tanto lunghe e sentimentali ch’egli credette di giungere a proda: il sentimento deriva dal cuore; dunque il cuore l’aveva! Nè il cuore della marchesa doveva battere per altri che per lui, che da un anno la serviva con cura paziente e con indulgente costanza; non per altri. Ond’ecco La Frat-