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208 | una “scampanata„ |
rifare; quindi, ripulire le masserizie, riordinare e spartire la biancheria e i panni che meritavano rattoppi; e nettar la cucina in modo che non ci fosse da vergognarsi nemmeno se v’entrassero l’arciprete e il fattore.
— Ah le mani d’una donna! — diceva Fulgenzio strofinando, dentro, il paiolo.
Inoltre, si prepararono il desinare di nozze con le tagliatelle in brodo e il lesso.
— Sono dieci anni che non ho sentito un poco di manzo; da quando si maritò mia sorella — confessò Fulgenzio.
Similmente la Faziòla gustava il vino.
— Buono! Buono! Non me ne davano mai, in casa, a me!
E, d’improvviso, il vino le fece concepire l’idea mirabile, che schiarì del tutto il malumore in entrambi. Se dessero da bere agli offensori?
— Ho fatto un pensiero curioso — lei disse. — Se dessimo da bere?...
Fulgenzio ascoltava, sorridendo; approvando.
— Sì, sì! Un bel pensiero! Sicuro!... Rideremo! — E rideva.
— Il vino dove lo mettiamo?
— In un bigoncio.
E poco dopo egli fermò il bigoncio nella carriola; e andò alla fattoria a riempirlo di quello buono.
Ma al ritorno vide la moglie desolata, pentita d’averlo indotto alla grave spesa.