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202 | una “scampanata„ |
genzio, che venivano fra gli ultimi, l’uno dal lato destro, l’altra a sinistra, si videro.
— Buona sera, Fulgenzio.
— Buona sera, Faziòla.
— Il sole è calato bene. Avremo bel tempo anche domani.
— Ce n’è bisogno.
— Dove siete a lavorare, adesso?
— Vanghiamo le vigne.
— Sarete in molti.
— Quindici o sedici.
— E han fatto «caporale» Giulio, eh?
— Giulio.
— Povero Fulgenzio! Non c’era ragione di farvi torto.
— Chi comanda ha sempre ragione.
Dopo una pausa lei chiese:
— Ma è vero quel che dicono?
— Dicono.
La loro malignità non andava più oltre dell’accennare alla ciarla che Giulio dovesse ai meriti della moglie la nomina a capo degli operai braccianti.
— Per fortuna non avete famiglia da mantenere, voi.
— Oh! io mi contento che Dio mi lasci la salute. Ma.... — E l’infelice guardò la Faziòla sorridendo in quella sua maniera di bontà ingenua per cui appariva men brutto e più triste: — ....Ma se mi viene una febbre, io non ho un cane che mi porti una goccia d’acqua.