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194 | la fortuna di un uomo |
insegnato tu? non mi dicevi tu che faceva così tuo zio?
A tanta audacia, a vedere e a udire l’uso che la sciagurata aveva fatto e faceva d’una confidenza ricevuta al tempo della luna di miele, Gaspare non trovò più parola: perdè forza o fiato: cadde a sedere su di una seggiola e si strinse il capo tra le mani. Muoveva a pietà; quantunque Erminia sorridesse sempre. Poi scotendo il capo, tranquillamente, ella si mise a leggere il giornale.
«Siamo seri! Ragioniamo!» in quel mentre Gaspare diceva tra sè, già stupito lui stesso d’essersi lasciato trasportare a tal punto. «Vediamo un poco.... Può darsi che sia da considerare, questo fatto che mi ha esasperato, come uno scherzo, un gioco, un innocente passatempo.... Ma no: è una cosa tremenda; che faceva terrore a un filosofo quale mio zio.... Un’esperienza? È in questo caso un delitto! un delitto enorme; tant’è vero che non è nemmeno contemplato nel codice! Sì, un tradimento mostruoso...: intendersi con l’amante morto quando il marito è vivo! Orribile!... Eppure, Erminia ci ride...; e anche la serva non ci vedeva niente di male.... La scienza positiva ne ride.... Ma insomma!, io ho o non ho il diritto di riposare almeno la notte? di dormire i miei sonni tranquilli?...»
Dopo di che egli s’alzò e parlò con voce tremula e bassa: