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la fortuna di un uomo | 193 |
casa, abbreviò la consueta passeggiata e la sosta al caffè. Anticipare, lui, d’un’ora, il ritorno a casa? Non solo! Non solo! Quatto quatto entrò: al buio, nell’ingresso; poi, in punta di piedi, venne alla cucina. Buio anche là. Avanzò allora fino all’uscio della camera da pranzo, ascoltando...; e udì, lieve come un sospiro:
— Enrico!
Oh non aveva dunque avuto torto di sospettare! Infami!
Furibondo, irriconoscibile, quale un uomo che non s’è adirato mai in vita sua, Gaspare spalancò l’uscio.... E la signora e la serva, senza far motto, lasciarono andare il tavolino su cui avevano tenute a contatto le mani.
— Via! Via di casa mia! Fuori di qua! Domattina.... A te! A te! — e con voce strozzata, dopo avere indicata la porta, il padrone trasse, gettò, venti, trenta lire alla serva che lo contemplava stupita.
— Vattene! Vattene!
— Ma cosa ho fatto?
— Tener mano!... Via! fuori!
— Ma che male c’è? — cominciarono a dire insieme le due donne.
— Via! Via!
Sempre più minaccioso, con la destra in alto, lui, Bicci, Gaspare!, spinse con la sinistra la serva al di là dell’uscio e si volse. Erminia sorrideva sarcastica.
— Sei impazzito? — ella chiese. — Non m’hai