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188 | la fortuna di un uomo |
questo mentre aveva conchiusa amicizia con la Squiti; cosicchè la relazione temuta e sconvenevole diventò naturale, necessaria.
Eppure Gaspare s’illudeva ancora; perchè alle conversazioni in casa Tredòzi venivano, oltre che gli Squiti, molti altri; e si ciarlava e sonava (solo Tredòzi fuggiva appena vedeva il clarinetto); nè rimanevan tempo e agio per confidenze tra Silvia e Erminia.
Ma a poco a poco la perfida donna, abile a non farsi scorgere da alcuno fuorchè dalla sposina, cominciò a tormentar Gaspare con occhiate patetiche. E non bastava: gli susurrava, fugacemente, parole all’orecchio; parole di nessun conto, ma piano piano, quasi in segreto.
«Se Erminia non ingelosisce — pensava Bicci — è un angelo».
Più! più! La cosa andò tant’oltre che egli dovè pensare:
«Se non ingelosisce, non mi ama». Ah! l’infelice — molto infelice, tra breve — non imaginava in che belva l’angelo si trasformerebbe, in che demonio scatenato!
Infatti incontratolo un giorno per via, Silvia gli disse:
— Oh, caro amico! Andiamo! Accompagnatemi a casa.
Si schermì: non poteva; l’attendeva Erminia.
— Allora accompagnerò io voi.
— Non importa....