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178 | la fortuna di un uomo |
Squiti s’appigliasse a tutti gli argomenti, se tutti i discorsi cadevano nel muto affanno d’Erminia.
Come Dio volle, egli ebbe un’idea.
— Perchè non si prova a leggere, signorina?
— Non posso; no; è impossibile!
— E se leggessi io?
— Anzi! — disse la signora Squiti; — distrarrà anche me. Bravo, signor Bicci!
E Gaspare andò a leggere ogni giorno.
Dava tempo al tempo. Venne il dicembre; si avvicinarono le feste natalizie. «Quanto saranno tristi per lei! — Bicci pensava. — Non la conforterebbe sapere che io l’amo, anche se lei, per adesso, non abbia voglia di far all’amore?»
Còlto quindi un momento che la signora Squiti non v’era, egli interruppe una lettura per guardare Erminia negli occhi. I quali si abbassarono; subito il bel volto si afflisse. Non era un’esagerazione, oramai? Un po’ troppo, via!...
— Come lo ha amato! — esclamò Bicci perdendo la bussola.
— No — Erminia rispose in modo semplice e in tono tranquillo.
Ora parve a Gaspare di cader dalle nuvole.
E lei:
— Io gli volevo molto bene.
E poichè Gaspare non capiva, ella si spiegò:
— A me sembra che amare significhi più e meno di voler bene. A Enrico io gli volevo bene,