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la fortuna di un uomo 171

d’Erminia. Gliene capitò una, un giorno.... La signora Silvia, avendo scoperto il rifugio di lui, vi penetrò.

— Lei.... tu!...: qua?

— Traditore! — Ella alzò il velo per mostrar meglio due occhi rabidi.

— ....col pericolo di compromettervi? — proseguì lui, trovando il tono giusto.

— Vile!

Ma Gaspare assunse l’aria d’un uomo superiore agl’insulti; freddo, quasi sprezzante.

— Non vi avevo chiesto quindici giorni di libertà? Ho i miei affari anch’io; avevo, ho bisogno di tranquillità, di riposo.

— Ah Gaspare, Gaspare!

Ora gli occhi si riempirono di lagrime e fiammeggiarono; a un tempo, lagrime di duolo e fiamma di tentazione e di colpa.

— Tu, Gaspare! Chi me l’avrebbe mai detto! Non l’hai dunque l’anima? Dodici giorni senza passare sotto le mie finestre! Senza scrivermi nemmeno una riga!

Il dolce rimprovero lo punse più che le offese. Deliberato tuttavia a finirla, Bicci, che voleva finirla da gentiluomo, esclamò:

— Silvia! Debbo dirvi la verità. A me, uomo leale, rincresce offendere un uomo leale com’è l’ingegner Tredòzi! Ecco tutto!

A quest’affermazione Silvia avvampò più che a uno schiaffo.

— Ecco tutto? Tu menti! Non avevi scru-