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la fortuna di un uomo | 167 |
Gaspare si figurò la persona grave del cavaliere col clarinetto in bocca; e tacque.
— Creda a me: la musica è il miglior conforto nelle disgrazie — seguitò l’altro.
— Lo credo.
— Se mi favorirà qualche volta, suoneremo.
Gaspare allora esclamò entusiasta:
— Volentierissimo!
— Stasera?... Potrebbe?
E gli occhi dello Squiti rifulgevano dietro le lenti.
— Sissignore, posso.
Ripresero la strada; e il cavaliere riprese a dire, senza più sorridere, con tutta gravità:
— Io in casa ci avrei una pianista; ma adesso non ha tempo.
— La sua figliola? — domandò Bicci, al quale battè forte il cuore.
— Non ho figliole: la mia pupilla.
«La sua pupilla? La signorina era sotto la sua tutela?» E Bicci pensò con nuova tenerezza: «Orfana come me!»
— La signorina Roccaforte è per me quel che era lei per suo zio. L’ebbi in casa bambina. Il padre....
Gaspare ascoltava il racconto religiosamente, intanto che benediceva suo zio e il clarinetto.
Poi, essendo già innamorato e con la testa nel cuore, si dimenticò di chiedere allo Squiti perchè la signorina Roccaforte non aveva tempo di sonare.