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la fortuna di un uomo 165

VII.

Il cavalier Squiti, padrone di casa, alto impiegato della Provincia e persona molto grave, non aveva solo la moglie. Gaspare vide, alcune volte, alla finestra.... Che bellezza! Due occhi tra celesti e verdi; capelli biondi; portamento modesto e gentile.... Assomigliava alla signorina che si recava al giardino pubblico il dì mortale dello zio Giorgio. Lei?

Forse non era; ma le assomigliava in modo che a vederla una dolcezza grande veniva, per gli occhi, al cuore di Bicci e, insieme, un panico quasi alla presenza di una divinità. Rapidamente, con la rapidità del destino, egli, che dalla brutta tresca aveva avuti incitamenti all’amore buono e al consiglio dello zio, ne rimase conquiso. Tale, infatti, tale gli appariva la donna vagheggiata ne’ sogni dai giorni che non conosceva l’amore al dì ch’egli l’aveva conosciuto! Tale era la donna amata e da amare: fatalmente. Bando, dunque, al peccato! Mai più signora Silvia! Pace e salute all’ingegner Tredòzi! E a Gaspare, certo che stavolta era la buona, gli bisognava accertarsi anche se il cavaliere Squiti presto o tardi gli darebbe l’angelica giovinetta in moglie.