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156 | la fortuna di un uomo |
V.
Gaspare Bicci non si era mai proposto il pericoloso mestiere del conquistatore: nè mai si sarebbe imaginato di navigare per il mare della colpa a vele così gonfie, con tanto vento in poppa e a sì grande velocità. Troppa grazia! Perchè una mattina Silvia gli gettò le braccia al collo in un impeto d’allegrezza annunciando: — Siamo liberi!
C’era da spaventarsi. Liberi?... come?
— Sì. Lui va in montagna per un ponte che s’è rotto, non so dove. Resterà fuori un mese e mezzo!
La libertà inattesa, per la quale si sottraeva all’usato giogo, la inebbriava, l’ammattiva.
— Ne vogliam fare di tutte le sorta! — ella esclamò. Pensò Gaspare che quand’anche proseguissero a farne di una sorta sola, bastava.
E Silvia, ridendo, soggiungeva:
— Figurati che lassù c’è solo una lurida osteria! Dormirà male, mangerà male, etc.: astinenza in tutto. Che castigo!
Ancora una volta la fortuna, per favorire un uomo, ne costringeva un altro — povero diavolo! — a disagi e a danni, e un po’ ripugnava a Gaspare la soverchia letizia della bella.