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140 la fortuna di un uomo

quel che sarà!»; e chi con viso lieto: «anche questa è fatta!»; e tutti con la colazione davanti agli occhi e l’anima alleggerita.

Ma gl’infelici in ritardo s’asciugavano la fronte; si curvavano sempre più sulle sudate carte e sui vocabolari copiosi e indifferenti; inghiottivano, sentendosi mancare le idee, la speranza e la lena, un pezzetto di cioccolata o s’attaccavano alla bottiglietta del cognac; si compromettevano con segni di richiamo e gettiti di pallottoline che recavano in seno una domanda o una risposta, un’invocazione d’aiuto o l’aiuto d’uno sproposito; vedevano, i miseri, la paterna e la materna angoscia.

Gaspare vedeva lo zio Giorgio e Luigi.

A un tratto il compagno di destra mise un profondo sospiro; guardò con, negli occhi, la gioia della vittoria e insieme una luce di carità; poi chiese a Bicci, piano piano:

— E tu?

— Se non ci fosse quest’ottativo....

— A te! copia...; ma cambia le frasi.

....Gaspare Bicci fu ammesso all’esame orale, si salvò anche dal greco; e il compagno che l’aveva disimpacciato, fu bocciato in greco!

L’anno dopo Bicci andò a estrarre il numero di leva.

In un gran camerone, pieno di fallaci speranze e d’un’allegria fittizia, egli attendeva rassegnato e tranquillo.

— Bicci Gaspare!