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134 | la fortuna di un uomo |
— Figlia mia!...
Ond’egli, per la curiosità che è comune a tutti i ragazzi e che di lui era il difetto più grave, aveva spiccato un salto dal letto ed era corso a spingere lo sguardo per la serratura dell’uscio. Oh! Di là, nella sala attigua, al fioco lume della lampada, una signora vecchia in vesti nere, lo zio Giorgio e un terzo stendevan le mani, a contatto, su di un tavolino, e il tavolino sembrava che ballasse!
A tal vista e alla vista dello zio coi capelli irti, gli occhi accesi e fuori delle orbite, la faccia pallida e contraffatta, Gaspare era ritornato subito sotto le lenzuola, giurando di non scrutare mai più che diavolo si facesse in casa a certe ore notturne; già guarito, e per sempre, del suo difetto più grande. Nè soltanto a ciò gli valse quella paura, perchè nell’avanzare degli anni e nel meditare su quel ricordo fanciullesco si convinse che se lo zio aveva avuto tale orrore dall’esperimento spiritico, certo era meglio lasciar in pace i morti e non confondersi nel mistero della morte; e anche si convinse che se lo zio aveva amato una donna sino a rievocarla in quel modo, con l’aiuto della madre di lei, certo era bene non innamorarsi così appassionatamente.
Quanto a Luigi, meglio che servo, poteva dirsi amico dello zio Giorgio. Commilitoni nelle schiere di Garibaldi, avevano combattuto l’uno a fianco dell’altro; inoltre, il secondo aveva