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il cappello del marito | 121 |
sendosi imbattuto nella cameriera che veniva proprio per il cambio.
Oh con che sollievo Giulio si mise il cappello suo!
Gli stava ancora bene. Pure, non lo tenne; lo depose: lo giudicò in un confronto spregiativo. Sì sì: era un cappello elegante, ma vanesio; la cui ala, in una linea esageratamente ondulata, accusava l’affettatura della moda; la cui sagoma significava volubilità e leggerezza; e quantunque l’abito non faccia il monaco, perchè il cappello non manifesterebbe qualche cosa del capo che lo porta?
Tornandogli perciò la nausea di prima e non volendo confessare agli amici che un cappello gli aveva fatto male, Giulio non andò a desinare quel giorno al solito luogo. Andò altrove; rincasò presto. E subito si mise a letto.
Cattiva notte. Indarno cercava di pensare amorosamente a Giovanna; e costretto a ragionare, indarno cercava di sragionare. Impedire in qualche modo la caduta d’una donna era fortezza o viltà? Viltà forse per lei, la donna amata, e forse per tutte le donne, e certo, per tutti gli amici e gli uomini di mondo; ma era fortezza per tutti i mariti, per le anime timorate, i moralisti. Oh i moralisti! Cos’è la morale se non il vantaggio dell’individuo in rapporto alla società? se non un egoismo collettivo? se non una menzogna della civiltà? Maledetti i pregiudizi che avvelenano il piacere!