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il cappello del marito 119

nome del cappellaio italiano: ebbe, al contrario, istantaneo, uno sbigottimento; provò il turbamento e il ribrezzo di chi avventa una vertiginosa occhiata entro un cratere.

Quante idee là dentro, agitate e agitabonde, in una comprensione caotica! Quante prorompevan fuori; ricadevano nel vortice; superavano la cinta; s’arrestavano, o precipitavano concrete; vaporavan vane, o risplendevan fatue! Quante faccende, propositi e illusioni e disinganni; quanti conti, e missive e risposte di lettere, e trattative, e imbrogli da districare, e tranelli a cui sfuggire, e colpi di fortuna avversa o buona, e contrattempi, e questioni e contratti, e crediti e debiti! Tutte le commozioni e le vicende d’un uomo d’affari che si consuma la vita per lucro; tutti gli affanni di un uomo in balìa ora della propria testa ora della sorte, e involto nelle complicazioni del commercio e delle industrie; tutti i gaudi che generano l’operosità e la fede; tutto ciò, in tumulto, aggiravasi là dentro, turbinava agli occhi e alla fantasia di Giulio Galardi, quantunque non vi guardasse più.

E d’improvviso nel turbine imaginario la sua fantasia gettò un grido il quale disperse ogni cosa: — Tua moglie ti tradisce! — E successe, là dentro, un’immobilità di stupore, un abbattimento di disperazione, una quiete di morte.

«Tua moglie ti tradisce!»

E tutto era finito!

Perchè, per chi, tanti lavori? tanti triboli?