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118 il cappello del marito


V.

Era, anche a prima vista, un cappello onesto. Esternamente patito solo nell’orlatura e nel nastro, al margine inferiore; ma per il colore resistente e per il denso feltro meritava lode alla manifattura nazionale.

Qua e là, è vero, nell’ala, al di sopra, e sulla cupola un critico esteta avrebbe potuto rintracciare indizi di gocce asciugate prima dalla polvere che dal sole; ma alla carezza di una mano o di una spazzola ogni ombra sarebbe tosto dileguata. Elegante non era: nè alto, nè basso; nè stretti, nè larghi i risvolti; nè pesante, nè lieve; d’una forma, di un’indole quasi, non troppo avversa e non troppo data alla moda; non perturbabile in vicende di stagioni e di gusti; non asservita a umani giudizi. L’età senza infingimenti appariva dall’interno; e forse per conoscerla, con un moto dispettoso, con l’amarezza e la bieca avidità con cui il colpevole indaga l’altrui coscienza, Giulio lo rovesciò, vi fissò lo sguardo. Ma non attese al marocchino che annoverava tre mesi di sudori anche invernali; nemmeno sorrise all’aquila, la marca di fabbrica esotica, che apriva l’ali sul