Pagina:Albertazzi - Novelle umoristiche.djvu/116

102 dall'eldorado

per ciò si dice che quella fu una seduta degna di storia e di compianto.

E nemmeno fu tale per la disgrazia che capitò all’autorità del Presidente. Il quale dopo aver rotti due campanelli, al cominciare delle sfide («Forcaioli!» e «Buffoni!»; «Sanculotti!» e «Sanfedisti!» etc.), comprese difficile sorreggere la dignità dell’Assemblea e allungò la mano a destra.... Invano. Volse la mano a sinistra.... Invano: il cappello, che cercava per coprirsi, era sparito! Un ministeriale credendo certa la vittoria per il Governo quando fosse possibile venire a un voto, s’era tranquillamente seduto al suo scanno con due cappelli su le ginocchia.

Nè, infine, importano alla storia e alla pietà umana i conflitti frequenti e comuni a tutti i parlamenti europei; così piacevoli, del resto, a vedere dall’alto.

A Montecitorio quel giorno si scorgeva e si ammirava una confusa agitazione di teste e di braccia alzate a colpire: una mischia qua e là feroce a corpo a corpo, o di più corpi contro uno. «Vigliacchi! Imbecilli! Addosso! Avanti! Abbasso! Dagli! Prendi! Aiuto! Forza! Oh Dio!» erano le voci mal distinte nel frastuono dell’omerica pugna: occhiali spezzati in terra o sui nasi; strappate catene d’orologio; perdute medaglie. Chi sanguina; chi cade travolto; chi colpisce a tergo; chi si duole; chi fugge; chi ride atrocemente. E dalle tribune, delle