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La forfecchia 51


dir tante volte? Se era vero, no, Dio non lo permetterebbe! Avrebbe misericordia. Infatti ora piangeva più piano. Smise di piangere, un istante, come a persuadersi che il tormento cessava. Non cessava. E tornò a lui con rinnovata speranza; e l’abbracciava, il suo nonno, e lo scongiurava, per carità! — Cávala, nonno!

La liberasse! In che modo. Dio santo? Non osava: temeva far peggio; tremava. Un medico ci voleva, súbito!; e nessuno lo udiva, povero vecchio, solo nella sua impotenza, nella sua miseria, nel suo terrore!

L’ignoranza e il pregiudizio eccitavano la senile fantasia a un immaginare atroce. Con le pinze della coda, le robuste e aguzze forbici, l’animaluccio mostruoso, portato dall’istinto a nascondersi, forava a penetrar nel cervello, e vi penetrava a poco a poco, finchè vi zampiccava, atroce, dentro. Qual tormento, qual martirio, quale spasimo più grande? Impazzire; morire di spasimo!

Nè la bambina fremendo, con la faccia sul suo petto, con le braccia su le sue spalle, perdeva la speranza. Dal nonno attendeva il sollievo; dal nonno il rimedio all’intollerabile male, che la frugava, la fustigava a dentro, sempre più a dentro. E il nonno non diceva più nulla, non faceva più nulla, non sapeva far più nulla. Tre-