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50 | il diavolo nell'ampolla |
Essa accennò al noce; e singhiozzando si contorceva. Soffriva tanto! Nessun dubbio: un pericolo, una disgrazia terribile; enorme!
Affannosamente, con quanta voce aveva, il nonno si diede a chiamare il garzone. Lo manderebbe a chiamare il medico: corresse subito, per l’amor di Dio! Sempre lo aveva inteso dire, sempre, che le forfecchie entrano negli orecchi di chi dorme, e se non si han pronti i ferri e la mano dell’arte, bisogna morire. Impazzire, e morire arrabbiati come per rabbia di cane. Quella bambina!
Chiamava quanto più alto poteva:
— Cleto! corri, qui! Cleto! ohe!
Invano. Il garzone se ne era andato o alla bottega per la foglia, o altrove. Maledetto!
E la poverina gemeva, mentre lui, il nonno, atterrito, con le sue grida ne copriva il gemito; e inveiva contro le donne che avevano lasciata la casa vuota, sciagurate!, e contro gli altri che eran via, lontano, senza pensare.
Nessuno udiva; e cosa poteva far lui, vecchio impotente, inchiodato in una scranna, con quella angustia nel cuore, con quella certezza che aveva di un pericolo, di un male — a tardare — irrimediabile! Impazzire, morire! La bambina!
Ma forse non era vero quel che aveva inteso