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La forfecchia | 49 |
senza timore. Si fece dare un fuscello a cui si appigliasse l’intrusa, ed estrarla. Nel dubbio però che fosse peggio, le disse:
— Non ci badare! Non è niente!
Anche a lui, mentre dormiva su l’erba, un giorno, era successo lo stesso; ma le formiche hanno giudizio, e, a non stuzzicarle, tornan fuori, riprendono l’andare.
La bambina lo guardava per credergli. Tacque un poco; indi, quasi il fastidio s’accrescesse d’un tratto ad acuto tormento, si gettò in terra, agitata e piangente. Non valevano più le parole a quietarla.
Il vecchio pativa con lei; nè trovava più parole da dire.
Quando, a un tratto, aprirsi nella sua mente il ricordo di un male tremendo, di una orrenda sciagura! Mosse rapidi gli occhi dal lato del noce, lì vicino. E scorse. In fila le nere forfecchie andavano su e giù per il tronco.
— Dov’eri a dormire? — domandò rabbrividendo d’angoscia.
La bambina non rispondeva, piangeva.
E lui ripeteva la domanda; pregava, scongiurava che rispondesse. Ah le abominevoli bestie!
— Dov’eri a dormire? Dimmelo! dimmelo dunque!
albertazzi, il diavolo nell’ampolla | 4 |