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La forfecchia | 45 |
l’uso delle gambe. E rideva o sgridava. Sgridava a tutti, fieramente, donne e uomini; quasi pretendesse veder ripartita e accresciuta in ognuno l’energia che non aveva più e l’energia che gli era rimasta, o quasi volesse garantirsi del comando — sebbene costretto a farsi reggere a braccia ogni volta che desiderava mutar luogo. Ma a lei, la figlia minore del figlio minore e prediletto, non aveva mai rivolta una parola cattiva; e guai a chi la toccasse!; e se non l’aveva vicina, sempre gli si offuscava la faccia chiara, intorbidava lo sguardo limpido. Con lei diveniva bambino nei discorsi; nei giuochi le era uguale.
— Vieni qua! Porta qua — le disse — , che ti aiuto!
No. Diffidava; non aveva voglia di resistere alle tentazioni dei morsi, di premere le mani contro la faccia rugosa, per non soffocare, nè di strillare a difesa.
Ma poi la sedusse la proposta di una nuova gabbia da grilli. A comporla occorrevano gambi di erba volpina e non di loglio; e il nonno glieli indicava; e la esortava di non andar al sole a coglierne, e di non piegarli e romperli nello strappo.
Quando bastarono, la gabbia fu presto in ordine. Non appena però fu compiuto il lavoro, si compiè il tradimento.