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L’asino nel fiume 169


— Gli è crepato l’asino! Gli è crepato l’asino! — esclamarono quegli altri accorrendo a vedere e a ridere.

L’asino non si mosse più. E quando fu certo, Sugnazza tacque; risalì nella biroccia prona su la bestia morta e vi si distese per il lungo, la testa poggiata su le braccia e la faccia in giù, con apparenza d’uno che cogliesse una bella occasione per schiacciare un sonnellino.

E per non disturbare nè lui nè la bestia i birocciai, al ritorno, tirarono un po’ da parte. Ridevano ancora.

Quel disgraziato — che matto! — sembrava voler passarsela così la sua batosta: pacificamente, dormendo!

Ma Sugnazza non dormiva. E non piangeva. Si vedeva, a occhi chiusi, morto di fame, là, press’a poco come il suo asino. Dal dì avanti egli non aveva ingollato cibo, e gli ultimi soldi gli erano andati, la mattina, in grappa. Un pezzo di pane a credito per qualche giorno, da qualche fornaio, lo avrebbe trovato; ma poi, cosa fare? Lavorare a opera? Chi l’avrebbe preso, ormai che il cuore gli ballava il trescone a ogni sforzo e i polmoni arsi pativan sete d’a-