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136 | il diavolo nell'ampolla |
alla gola, scappò nella camera attigua e si abbattè su di una seggiola. Non poteva piangere.
Ma a poco a poco reagì in sè, cercò dominarsi riflettendo; e si obbligò a considerare i doveri che l’evento calamitoso e repentino imponeva a lui, l’amico intimo, prediletto. Al commendatore non restava che un parente, quel nipote così diverso da lui, e gli avevano telegrafato, subito; ma quand’anche fosse arrivato in tempo a veder morire lo zio, il discolo non ne avrebbe ottenuto il perdono.
E Amaldi ricordò che Demetrio gli aveva manifestato più volte il proposito di diseredare il nipote vizioso e corrotto per beneficare le pie instituzioni a cui aveva dato tutto sè stesso. E pensò: “Demetrio avrà fatto testamento. Se lo trovasse qui in casa, il nipote lo trafugherebbe„. Possibile?
Possibile. Quando l’evento o il fatto che confonde e travolge è enorme, anche i pensieri che a ragione fredda si giudicherebbero assurdi, sembrano giusti.
Egli guardò allo scrittoio, quasi a confermarsi che ci fosse il testamento del commendatore; poi, con improvvisa ripresa d’energia, s’alzò, chiamò il servo, andò a sedere allo scrittoio, trasse dalla cartella un foglio e una busta e, mentre scriveva, disse: