Pagina:Albertazzi - Il diavolo nell'ampolla, 1918.djvu/134

126 il diavolo nell'ampolla


Fu allora che gli balenò l’idea, al conte Mauro, della veterinaria quale inclinazione latente.

Non ci aveva pensato mai perchè si era convinto che al giovine non piaceva la medicina. Ma adesso riflettè:

— C’è differenza. C’è più soddisfazione. Gli animali non aiutano a sbagliare la diagnosi. — E mormorava sospirando: — Purchè io non ci rimetta il cavallo!

Tutt’altro! La cura permise presto una passeggiata in campagna. Gedeone riapparve al pubblico con la gualdrappa rosea e un piede fasciato e grosso, simile a quello di un elefante.

— Oh! Gedeone ha la gotta! Gedeone ha la pantofola!

Il successo sperato da Celso non fallì.

— Ridono per noi? — chiese il conte.

— Sì. Ma vedrà al ritorno!

E immaginare che bocche aperte quando il presunto gottoso attraversò la città di trotto; diritto; a dorso scoperto; senza pantofola! Un miracolo! un trionfo stupefacente! Scendendo, a casa, il conte esclamò:

— Veterinaria! veterinaria!

Ma Celso smorzò l’entusiasmo. Disse che per guarire Gedeone non aveva dovuto che levargli il sasso confìtto tra il ferro e l’unghia.