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Gli comince a drizzar di giorno in giorno,
Sì che sostenghin poi l’aratro e ’l giogo.
Non cruccioso garrir, non verga o ferza
670Adopre il domator: ché ciò gli face
Sol per disperazion sì arditi e crudi,
Che non temon d’altrui, né pon soffrire
Chi più là del voler gli meni attorno.
Or non veggiam noi ben l’accorto e saggio
675Ch’al tenerel fanciul le prime insegne
Mostrar vuol già degli onorati inchiostri;
Ch’or con preghi, or con doni, or con lusinghe,
Or con vaghe pitture, a poco a poco
L’induce a tal, che per diletto prende
680Quel che già gli parea noioso e duro?
Prima d’erbe e di fior gli cinga il collo,
Poi d’un cerchio leggier, poi d’un più grave;
Poi venga al giogo: e per compagno elegga
Chi di senno e di età mille altri avanze:
685E gli scemi dell’esca, acciò che manche
E la forza e l’orgoglio, onde si renda
Al suo comandator più basso e vinto.
All’inerte asinel con meno affanno
Pur provegga il villan; che sempre avanze
690Alla madre che tien, novella erede.

Tu, largo abitator dell’ampie ville,
Se ti ritrovi aver campagne e prati,
E ricche onde correnti, e fresche valli,