Pagina:Alamanni - La coltivazione.djvu/92

I cibi peregrin, l’ozio e le piume
Non turbavan la mente: il corpo, infermo
Non potea divenir; ma quelli istessi
535Eran dopo il mangiar, che avanti furo.
Vivea il mondo per lor tranquillo e queto:
Non poteva ivi alcun per gemme ed oro
La libertà furar; che nessun pregio
Avea loco fra lor, se non la pace.
540Questi son quei miglior che furo il seme
Di mille alme città, di Sparta e Roma:
Che se d’essi seguian l’antico piede,
Men forse nome Epaminonda avrebbe;
Né Silla e Mario, e quel che tutto spinse
545In sì misero fin, Cesare invitto,
Contra il natio terren le patrie insegne
Con sì crude vittorie avriano addotte.
Prenda adunque il villan, né se ne sdegni,
Degli onorati armenti estrema cura,
550(Che ’l profitto maggior, la miglior parte
Son di quei che fuggendo i falsi onori,
Dal suo dolce terren, quanto più sanno,
Coll’onesto sudor ritraggon frutto.
Quando il giorno maggior ci porta il sole,
555Apparecchie il pastor nuovo consorte
All’amorose vacche, acciò che veggia
Dopo il decimo mese il parto uscire
Sotto il cortese april, né caldo o gielo