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Colla sua famigliuola a l’ombra e ’l verde
290L’ampia ricolta sua si goda in pace.
Non ai superbi regi, ai duci invitti
Aggia invidia tra sé, né speri in terra
Ritrovar, più del suo, diletto e gioia.
Pur gli sovvenga poi, che non han fine
295Le fatiche e i pensier del buon cultore;
Né sol basta curar le biade e ’l grano:
Ché non consente il Ciel, ch’un uom mortale,
Senza mille sudor, mille alti affanni,
Meni i suoi giorni, e pigramente avvolto
300Neghittoso nel sonno indarno viva.

Non soleva il bifolco innanzi a Giove
Coll’aratro impiagar le piagge e i colli;
Non misura, o confin di fosso o pietra
Dividean le campagne: ivi ciascuno
305Prendea il frutto comun: l’antica Madre,
Senza fatica altrui, nodriva i figli:
D’aure soavi e di dolcezza colma
Era l’aria ad ognor: e ’l cielo intorno
Sempre menava i Sol tepidi e chiari:
310Avea di frutti e fior, d’erbe e di fronde
In un medesmo tempo il sen ripieno,
Senza tempre cangiar, l’aprica terra:
Davan le querce il mel; correano i rivi,
Pur di latte e di vin le sponde carchi.
315Poiché crescendo, e del suo regno a forza