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Il pio cultor che rendea grazie a Dio
155Che delle sue fatiche il premio addusse;
Né più, stolto, temea periglio o danno;
Vide in un punto le mature biade
(Mentre aguzzava ancor la falce e i ferri)
Della rabbia del ciel, dei venti preda,
160Giacerse in terra: come spesso avviene,
Poi ch’hanno insieme due nimiche schiere
L’empio ferro e la man di sangue tinta;
Che l’incerta vittoria or quinci or quindi
Con simulato amor più volte ha corso:
165Stanca alfin di mirar, l’arme riprende
Per la parte miglior che ’n fuga volge
L’aspro avversario; onde veder si puote
Con miserabil suon per terra steso
Chi colla fronte in giù, chi al ciel supino;
170E ’l nuovo peregrin che i campi scorge
Sì di morti ripien, di sangue rossi,
E serrato il cammin, nel volto tinto
Di spavento e pietà, rifugge indietro.
Come adunque il villan dappresso vede
175Biancheggiar le campagne, il braccio stenda,
E cominci a segar le sue ricolte:
Né si lasce indurar del tutto il grano;
Ch’entr’alle biche, e nell’albergo poi
In grandezza e bontà ricrescer suole.

180Son di mieter più modi. Altri hanno in uso
(