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Tal che, s’altro riman, del tutto spiani.
Or s’apparecchi ogni uomo al miglior punto:
Che lo smeraldo fin si è volto in oro.
130Già puoi sentir le biancheggianti spighe,
Che alle dolci aure percotendo insieme
Con più acuto romor chiaman la falce:
Già risveglian altrui, ch’accoglia il frutto
Della sementa sua, né troppo attenda;
135Ché ’l soverchio aspettar, soverchio offende.
Parte di mille augei diventa preda;
Parte all’estivo Sol s’astringe e ’ncende,
E ’l già troppo maturo in terra cade.
Quanto temer si denno, in tale stato,
140Grandini e piogge e tempestosi torbi!
Non si fidi il villan nel lungo giorno;
Ché non ha legge il ciel fra noi mortali.
Quante volte già fur, ch’al dì sereno,
Laddove nulla nube il ciel velava,
145Vidi in un punto solo i venti e ’l mare
Con sì crucciosa fronte a guerra insieme,
Ch’ei parea che Nettuno andasse in alto
Per furar al fratel le stelle e ’l seggio!
E ’l buon nocchier che sulla poppa assiso
150Pur or cantando a suo diporto stava,
La voce e ’l fischio poteo trarre appena
Per porre in basso la gonfiata vela,
Ch’ei si trovò così dall’onde involto!