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Che invidia fanno al più soave aprile,
1100All’Indo, al Tago, alla vermiglia Aurora.
Carlo non ci vedrà, che s’ei potea
Il fil fatale a più perfetti giorni
Condurre (ahi destin crudo!), ogni mortale
Sormontava d’onore, ed era a tutto
1105L’äusonico sen pace e ristoro,
Non all’Insubria pur che ’l piange e chiama.
Vedrà l’alto splendor che, poiché l’Arno
Ornò di tanto bene, e ricco feo
Il purpureo suo giglio, empie e rischiara
1110Or del Gallo divin gli aurati gigli
Dei raggi suoi: quell’alma Caterina,
Al cui gran nome la mia indegna cetra
Consacrati darà questi ultimi anni.
L’alto sposo vedrà, che nell’aspetto
1115E nello sguardo sol mostra ch’avanza
Di valor, di virtù, di gloria e d’arme
L’antica maiestà degli altri regi,
Ch’or s’inchina adorando: il sommo Enrico.
Poi il sostegno dei buon, l’eletta sede
1120Di giustizia e d’onor, l’altero speglio
Di bontà integra, il fido lume e chiaro
D’invitta cortesia, l’esempio in terra
Di quanto doni il Ciel a noi mortali,
Magnanimo Francesco, in voi vedranno;
1125Sotto il cui santo oprar, tranquillo e lieto