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Ma d’insulso sapor; fanno la vite
Più superba, più vaga, e di più frutto;
Pur men nobile il vin, di men valore,
E che, passato april, cangia pensiero.
725Puosse pur maritar col suo caro olmo,
O col suo lento salcio; e quel che rende,
Coll’opra di Vulcan purgar in modo,
Che più lunghi aggia i giorni, o porlo in mensa
Alla più vil famiglia al più gran gielo.
730L’altra, che per sé stessa e prende e torna
L’umor che caggia, e ’l chiuso fumo esale,
Né di scabbiosa ruggine empia i ferri,
Né sia molto ghiaiosa, e non riceva
La venenosa creta o ’l secco tufo
735Ch’alle serpi e scorpion son proprio albergo,
Ma con modo e ragion sia d’erbe cinta;
Quella alle vigne tue, quella all’uliva,
All’aratro, alle gregge, a quanto vuole
Comandar il villan, fia pronta e leve.
740Così tutto avvisato, il tempo e ’l loco,
Proveggia i tralci; e non perdoni all’opre,
Di cercar notte e dì, presso e lontano,
Ove siano i miglior; né si contenti
Di quei dell’avo suo, che forse a torto
745Neghittoso accusava i colli suoi
Che gli fero aspre le vendemmie e frali.
Accordi il buon nocchier ch’a Lesbo e Rodo