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Con far profondo un pozzo, e poco appresso
695Il medesmo terren riporre ivi entro;
Del qual s’abbonderà, serva all’aratro;
Alle viti, alle gregge, ov’esso manche.
La salsa, e l’altra che si appella amara,
Ch’alle vigne, alle piante, all’erbe, ai prati
700Sempre inutil saria; qualche vil corba
Fa’ carca d’esse, e poi di sopra versa
Dolci acque e chiare, e ripremendo in alto,
Prendi l’umor che caggia, ed ei ti rende
Il suo gusto palese, o questo o quello.
705L’altra che grassa sia, con man trattando
Non s’apre o schianta, ma qual cera o pece,
Chiusa e tenace vien quanto è più pressa.
L’umida, per se stessa il fallo accusa;
Che sempre ha, più che spighe, e giunchi ed erbe.
710La negra, e l’altre ch’il color presenta,
Non conviene imparar: la troppo fredda
Ch’è di tutte peggior, mal si conosce,
Se mille erbe nocenti, e ’l nasso e l’edra
Non ne fan testimon coll’ombre loro.
715Or si ricordi qui, ch’il troppo lieto,
Come l’erbose valli, ove discenda
O di pioggia o di vena onda che apporte,
Depredando l’altrui, de’ colli il meglio,
O dove abbonde il fiume e stagne intorno,
720Fan le piante più altere, e maggior pomi,