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Svegliendo intorno la crescente prole
Che ’l piè gl’ingombra, negli aprici campi
Convenevole a lui darà l’albergo.
L’arbore in ver che dal suo seme nasce,
Ha sì tarda, affannosa e fral la vita,
510Che pria ch’arrive ancor l’età virile,
Si spegne in fasce; o non morendo, al fine
Di sì stanco sapor conduce i frutti,
Ch’agli affamati augei si restan cibo.
Non per questo si manche in ciascun anno
515Di por nel solco suo de’ miglior semi,
E coll’onde e col fimo dar loro esca,
E coprirgli dal giel, cacciare i vermi,
Vedergli spesso, e sperar sempre il meglio:
Ché molte cose fan la cura e l’opra.
520Ride al propagginar la vite allegra,
L’uliva al tronco: l’amoroso mirto
Cresce più volentier nel cespo intero.
Cresce il duro nocciuol traposto in pianta,
La palma invitta, e con mille altri insieme
525L’alto frassino ancor, la quercia ombrosa.
L’aurato cetro poi, la poma rancia,
E la sua compagnia soave e cara,
Benché di seme ancor, di pianta viene.
Quei che di rami poi, non pur di tronco,
530Dànno al suo potator nel tempo i frutti,
È ’l purpureo granato, il dolce fico,