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Crescon gioiose; e le più altere cime
Spesso il buon potator non pianta a voto,
480Ma quel ch’è più, che dalla molta uliva,
Il già secco pedal segando in basso,
Si vedran germinar le barbe ancora.
Or, non si trova alfin prestar le membra
L’un frutto all’altro, e le nodrir per sue?
485Ma riguardisi ben (ch’il tutto vale)
Tra tal varïetà comprender dritto
Di ciascuno il valor, la sede e ’l culto;
E ’n quella parte ove natura inchina,
Drizzar il passo: perché l’arte umana
490Altro non è da dir, ch’un dolce sprone,
Un corregger soave, un pio sostegno,
Uno esperto imitar, comporre accorto,
Un sollecito atar con studio e ’ngegno
La cagion natural, l’effetto e l’opra;
495E chi vuol contro andar del tutto a loro,
Schernito dal vicin, s’affanna indarno.
Vie più robusta vien l’inculta pianta
Che senza altrui lavor s’estende al cielo,
E secondo al desio si prese il seggio;
500Pur men feconda: ma inserendo i rami,
O cangiando il terren più volte, spoglia
Il salvatico stilo; e ’l culto onesto,
Di costume civil la rende adorna.
Il medesmo avverrà, s’al pio parente
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