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Viva il mondo per lei qual sempre visse.
Ciò sapendo il villan, qualor potando
345Nella prima stagion l’antiche piante,
Vedesse una di lor, che voto un seggio
Per suo fero destin di sé lasciasse;
O qualcuna altra pur sì vecchia e grama
Che inutil fusse, o di tal frutto acerbo,
350Che tra l’altre restar chiamasse indegna;
Quindi la sveglia, e dal vicin più presso
Il più nodoso tralcio in vece prenda,
E ’n guisa d’arco ripiegando in basso,
Dentro il sotterri, purché resti almeno
355La quarta gemma fuor, ch’è più congiunta
Al suo natio pedal; ché tutto essendo
Posto dentro il terren, soverchie avrebbe
Radici intorno; e ’l vigoroso e poco
Vie più si dee pregiar, che ’l molto e frale.
360Poscia il terzo anno, chi ’l secondo teme,
Lieto il diparta dal materno stelo;
Ché ben potrà, senza nutrice, allora
La sua vita menar tra frondi e frutti.
Poi, perché il nuovo umor che sotto surge
365Mosso dalla virtù che ’l tempo adduce,
Trovi al suo pullular più larga strada;
Perché il tepido sol più passe addentro;
Perché l’erba crudel che parte invola
Del nutrimento pio ch’a lei si deve,
370Con