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Ma dove magro appar, sovente suole
L’imprudente cultor con danno e scorno
Pianger l’anno avvenir la sua pietate,
Perché due ne lasciò, bastando un solo.
320Se giovinetta sia, non bene ancora
Alle pene mortali al mondo avvezza;
Ah perdoni all’età, non sia crudele,
Lasce il novello umor più largo alquanto
Prender diporto; e se di Bacco teme,
325Stia lunge il ferro, oimè! ch’assai le fia
Dolcemente spogliar coll’unghie intorno
Ove il bisogno vien, donando pure
Con paterno riguardo e forma e modo
Da condurla ove vuol nei dì perfetti.
330Ma perché sotto il ciel cosa mortale
Non può stato trovar ch’eterno duri;
Né men che gli animai, le piante e l’erbe
Han nel primo avvenir natura amica,
La qual, fuggito il giovinetto tempo,
335Così fatta crudel com’era pia,
Ci getta in preda alla vecchiezza stanca,
Che per mille dolor, per mille piaghe,
Debili, infermi e vil, ci mena a morte;
Né possiamo scampar, ma quella istessa
340Impia (che così vuol) natura avara
Ne insegna pur, che ciò che manca in noi
Si stenda in altri, e che di prole in prole