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Alle piante, alle fosse, ai loro angusti
Argini han fatte; e gli sovvenga allora,
Che bench’ai miglior dì s’arrenda il verno,
Nulla è stagion dove sì spesso adopre
50L’umido suo valor l’austro, ch’il cielo
Delle nubi affricane ingombra e bagna.
Né pur ei sol, ma di favonio il fiato
Tepido e dolce dispogliando in alto
Del suo nevoso vel l’alpi canute,
55Fan sì ricco il terren d’onde novelle,
Che l’erboso ruscello, il picciol rio,
Il pietroso torrente, il fiume altero,
Dispregiando ogni legge, ardito cerca
Di tor dal corso suo l’antico freno:
60Onde chi pigro vien, sovente piange;
Ché un picciol varco ch’al buon tempo puote
Chiuder poco terren con breve fascio,
Cotal poscia divien, ch’ivi entro passa
Quant’acqua scende, e gli depreda i campi;
65E con danno mortal di tempo e d’opre,
Al suo primo sentier lo torna appena.
Dunque al principio suo con terra e pietre,
Con nodosi virgulti e legni aguti
Serri tutto all’intorno, ove esso veggia
70Nuovamente passar l’invitto umore.
L’arbor che sovr’un colle o in piaggia assiede,
Ben cerchi e guardi; e se da quella il senta